domenica 16 dicembre 2018

McBetter



McBetter è un piccolo horror grottesco realizzato dal pugliese Mattia De Pascali, all’esordio nella regia. Girato in Salento e tutto ambientato in una grande villa e nel suo giardino, è un film che si rivela piacevole e interessante, una piccola sorpresa.

Dopo un anno di assenza, Melanie (Serena Toma), figlia del potente Joe McBetter (Nik Manzi), torna nella villa di famiglia assieme al suo compagno Malcolm (Andrea Cananiello). Il burbero padre - capitalista autoritario ed egocentrico - la accoglie con ben poca simpatia. La nuova compagna di McBetter, Patricia (Donatella Reverchon), è più accomodante, mentre il piccolo Little Joe (Oscar Stajano), figlio di Joe e Patricia, vorrebbe tanto avere il permesso di sparare sui nuovi venuti. McBetter è a capo di una catena di fast food: ha fatto fortuna dopo essere partito dal basso, da un carrettino degli hamburger. Malcolm è andato da McBetter per proporgli un’idea rivoluzionaria: la gente si stuferà del manzo degli hamburger, gli insetti sono la soluzione. L’idea viene raccolta con ilarità e disprezzo. Fuori in giardino, Little Joe viene trovato ferito e farneticante. Potrebbe essere stato un animale, magari fuggito da un circo, pensa Melanie. Per convincere McBetter, Malcolm ha portato una valigia piena di vermi e insetti vari, suscitando la reazione schifata e violenta di McBetter. Indignati, Malcolm e Melanie vorrebbero andarsene, ma un pneumatico della loro auto è squarciato da quello che sembra il morso di un animale. Cercando il cric in garage per cambiare la ruota i due trovano il cadavere sbudellato del giardiniere. Melanie pensa di approfittare della situazione per mettere in atto un piano sanguinario, di vendetta e sopraffazione.

L’idea di una rivisitazione moderna della tragedia di Macbeth è simpatica e anche l’utilizzo di toni grotteschi è azzeccato. I personaggi sono tratteggiati in modo caricaturale con effetti a volte brillanti, anche in alcuni dei ruoli di contorno, in particolare modo quello della cameriera Dolores, ben interpretata da Iole Romano, con alcuni bizzarri tocchi di umorismo demenziale, che caratterizzano anche la maga Patrizia interpretata da Gabriella Luperto, cui è riservato il compito di aprire e chiudere il film con più di qualche richiamo alle streghe shakespeariane. Ci sono dei momenti di stanca e alcuni punti in cui la storia perde di mordente, ma nell’insieme il film scorre bene e la messa in scena, anche nella scelta delle angolature e nel montaggio, è abbastanza fluida e denota una buona professionalità. La deriva pienamente horror della parte finale è condotta discretamente con l’introduzione di una creatura mostruosa, una sorta di nemesi sorta anch’essa dalla sopraffazione e desiderosa di fare piazza pulita. Nella evidente ristrettezza dei mezzi, gli effetti speciali sono comunque funzionali e usati con saggia parsimonia.


Non ci sono grosse sorprese, ma la storia è ben condotta e non mancano ambizioni di critica sociale sviluppate in modo semplice, ma efficace. Anche la prova degli interpreti è nel complesso accettabile - con qualche incertezza qua e là, dovuta forse a qualche dialogo un po’ forzato - ma anche con buona efficienza espressiva e convinzione. Si segnalano sotto questo profilo in particolare il rude Nik Manzi, la simpatica Donatella Reverchon, capace di variare toni e registri interpretativi, e il protagonista Andrea Cananiello, che ha dei buoni momenti comici. Apprezzabile anche la fotografia firmata da Islam Mohamed, con una buona scelta dei colori (che soprattutto nel finale diventano quasi baviani).

Mattia De Pascali scrive, produce e dirige, mostrando buone qualità e una vivacità espressiva che promette bene.

sabato 15 dicembre 2018

La Banda sul Messaggero dei Ragazi n. 1031!

Nel nuovo numero del Messaggero dei Ragazzi - il n. 1031 (dicembre 2018), attualmente in distribuzione, torna La Banda, la serie a fumetti per la quale scrivo le sceneggiature. La storia di questo mese è la quindicesima della serie (non male, no?) e si intitola Facciamo un film!

Non sorprendentemente, il film che i ragazzi della Banda intendono girare è un horror, ambientato in una casetta abbandonata nel mezzo del bosco. Naturalmente, però, le cose prenderanno una piega diversa dalle loro aspettative.

Ai disegni torna il bravo Isacco Saccoman e la sequenza che riporto qui sopra dà un'idea della qualità del suo lavoro.

Per quanto mi riguarda, è sempre un piacere portare avanti le avventure di questi ragazzini e in questo caso il piacere è doppio perché l'argomento - il cinema - è anche una delle mie passioni.

martedì 27 novembre 2018

La casa delle bambole - Ghostland

Tra qualche giorno esce nelle sale La casa delle bambole - Ghostland, il nuovo film di Pascal Laugier, l'indimenticato autore di un film magistrale come Martyrs.

Chi vuole, può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies cliccando qui

Qui sopra un'immagine dal film, con la protagonista Emilia Jones in evidenza.

domenica 11 novembre 2018

Malerba

Malerba è il film d'esordio nel lungometraggio per Simone Corallini. Chi è interessato a leggere la recensione che ho scritto appositamente per MYmovies può cliccare qui e leggerla.

Gli interpreti principali, bravi, sono Luca Guastini, Manuela Parodi e Antonio De Matteo. 

martedì 6 novembre 2018

Il votice dei ricordi, once again

Mi pare giusto cercare di ricordare, anche a me stesso, Il vortice dei ricordi (Alcheringa Edizioni), il mio primo romanzo. E non solo perché il tema del romanzo è proprio l’importanza dei ricordi. Ci sono romanzi autobiografici in senso stretto e questo non lo è, ma in tutte le cose che un autore scrive ci sono frammenti di vita che si insinuano a caratterizzare la scrittura. Sono dettagli che forse sfuggono a chi legge, ma che per chi scrive rappresentano un aspetto molto importante e significativo.
Sono sempre stato affascinato dalle citazioni che pochi o forse nessuno può cogliere. Sono sempre stato abituato a farne anche nei posti più impensati. Per esempio, quando ho scritto la mia monografia su Hal Ashby (Il Castoro Cinema) ho voluto fare un omaggio a questo sfortunato e grande regista scrivendo una storia per Topolino che probabilmente solo io ho colto come un omaggio ad Ashby. Ma a me bastava così. Le citazioni evidenti sono uno sterile sfoggio di cultura, le citazioni nascoste sono migliori: essendo nascoste perdono la loro stessa natura, ma riescono a dare spessore e significati che possono essere colti anche da chi non le percepisce come tali. Anche ne Il vortice dei ricordi ce ne sono, qua e là. C'è, per esempio, un'evidente citazione di un film svedese degli anni '50 che, a suo tempo, mi colpì. Ma non l'ho fatta perché volevo fare una citazione, l'ho fatta perché in quel punto ci stava bene: dava significato.

Cinema e fumetti hanno segnato la mia vita. Mi hanno appassionato e mi hanno anche occupato. Cinema e fumetti e Bob Dylan, aggiungerei. Ma in questo caso mi limito al cinema e ai fumetti, principalmente. Nel vortice dei mei ricordi cinema e fumetti hanno un ruolo importante e nel mio romanzo la loro presenza è fondamentale. Il cinema è l’elemento portante della storia e i fumetti sono la passione del protagonista, che ama farli e ama leggerli, come capita quasi sempre. Se ci pensate, accade molto spesso che chi legge fumetti voglia anche farli. Questa non è una cosa negativa, anzi è una cosa naturale, anche se spesso comporta e porta a delusioni perché non sempre la passione si accompagna al talento. È una cosa naturale perché leggere stimola la creatività, favorisce l’emulazione, accende la fantasia. E la fantasia - e la sua importanza - è un altro degli elementi fondamentali del romanzo. Sviluppare la fantasia è necessario. Tiene viva l’immaginazione, alimenta la speranza. E io spero che chi legge questo romanzo si possa sentire ispirato, in qualche modo.

Ma un’altra cosa che mi è sempre piaciuta - ed è presente in questo romanzo - è il raccontare frammenti, idee, spunti per dare l’idea di qualcosa che poi dev’essere lasciato sedimentare nella testa dei lettori. E questo ci porta a Kurt Vonnegut, un altro dei miei numi tutelari, sempre presente in quello che scrivo. Se leggete Vonnegut, avete presente anche Kilgore Trout, lo scassatissimo scrittore di fantascienza pulp di nessun successo. I romanzi di Vonnegut spesso presentano le idee di Trout sotto forma di riassunti di romanzi, di spunti bislacchi e di solito sono cose fulminanti, esilaranti, a dimostrazione di come certe volte i riassunti siano meglio delle opere complete. Ci sono trame, cioè, che è più divertente leggere in riassunto che nello sviluppo completo. Come gli spunti di Kilgore Trout sono il condimento di molti romanzi di Vonnegut, così ho cercato di fare anch’io con alcune delle creazioni fumettistiche del protagonista de Il vortice dei ricordi. Capitan Equità, in particolare, il super eroe con il comitato etico che regola le sue imprese, è un esempio di sottotrama raccontata per spunti e riassunti. Una cosa che mi piace e che credo possa avere un effetto benefico sulla storia, anche per il suo paradossale significato.

E poi, naturalmente, uno dei personaggi secondari del romanzo ha delle caratteristiche che rispecchiano molto da vicino qualcuno che conosco molto bene, in una rappresentazione un po’ idealizzata, probabilmente, ma che avrebbe forse potuto essere. Se le cose fossero andate meglio.


Qui sopra la copertina del romanzo e mi fa piacere ricordare ancora che è opera del bravo Nicola Pasquetto.

venerdì 2 novembre 2018

Un ricordo di Leone Frollo

Qualche giorno fa ci ha lasciato Leone Frollo, un grande disegnatore. È ricordato soprattutto per i fumetti erotici degli anni ’70, ma è stato un artista a tutto tondo, versatile e capace, con uno stile personalissimo e di grande eleganza. Ma della sua arte hanno, giustamente, parlato in molti in questi giorni e non mi dilungo sull’argomento se non per dire che l’ho sempre apprezzato moltissimo, come artista.

Volevo solo condividere un ricordo che ho di lui. Non l’ho mai conosciuto, ma una volta l’ho incontrato ed è stato in una circostanza che me l’ha fatto molto apprezzare come persona. È stato a Lucca ’98, una delle due volte che sono stato a Lucca. In quel caso ci ero andato per presentare un fumetto che avevo scritto ed è stata la seconda e ultima volta che ci sono stato. Ero con un amico disegnatore, Alessandro Gottardo, e ci eravamo soffermati a un banchetto della mostra mercato dove si vendevano originali. I prezzi erano buoni e il materiale ottimo per cui comprai diverse cose, tra le quali una pagina di Leone Frollo. Alessandro fece lo stesso. Le avevano appena comperate che Alessandro mi disse: “Ehi, ma quello è Leone Frollo! Facciamoci autografare le pagine!”. Caso volle, infatti, che Leone Frollo in persona passasse da quelle parti proprio in quel momento. Io non sapevo nemmeno che faccia avesse e perciò la fortuna fu che con me ci fosse Alessandro che invece lo aveva riconosciuto. Ci fiondammo con le nostre pagine e gli chiedemmo di firmarle. Lui ci guarda un po’ perplesso e ci chiese dove le avevamo prese. Capii subito che qualcosa non andava. Lo capii dal rammarico che traspirava dallo sguardo di Frollo. Era evidente che quelle pagine non le aveva messe in vendita lui. Evidentemente erano pagine che avevano fatto un percorso tale da escludere la sua partecipazione una volta pubblicate. Gli dicemmo dove le avevamo comperate. Lui capì che eravamo in buona fede e che anche chi ce le aveva vendute doveva essere in buona fede avendole probabilmente acquistate a sua volta da qualcun altro. Così con un sorriso ci firmò le pagine. Lo ringraziammo e gli esprimemmo la nostra ammirazione. Ci salutammo e lui se ne andò per la sua strada e noi per ala nostra. Avrebbe potuto - anche giustamente - evitare di firmare delle pagine per le quali lui non ricavava nulla pur avendole disegnate, ma si dimostrò un gran signore, molto gentile e superiore. Questo fatto mi colpì e mi rimase impresso. Sia perché dimostrava quanto fosse ingiusta la situazione di base (quanti autori hanno visto le loro tavole finire sul mercato senza averne il controllo e senza averne i giusti riconoscimenti economici?) sia perché dimostrava come Frollo avesse anteposto la soddisfazione dei suoi ammiratori alla propria.

Qui sopra quella pagina che da allora è appesa nel mio studio.

mercoledì 31 ottobre 2018

Hell Fest

Oggi esce al cinema un nuovo horror che si intitola Hell Fest e non a caso è ambientato nella notte di Halloween. Diretto da Gregory Plotkin è uno slasher a tutti gli effetti, come ai vecchi tempi.

Chi è curioso di sapere che cosa ne penso può andare qui, nel benemerito sito di MYmovies e leggere la recensione che ho scritto appositamente. 

Qui sopra, Amy Forsyth, la protagonista del film.

domenica 14 ottobre 2018

Halloween

In occasione del quarantennale del filma (accidenti come passa il tempo: mi ricordo quando l'ho visto al cinema...), torna nelle sale, per pochi giorni, Halloween, quello originale. Il capolavoro (o meglio, uno dei capolavori) di John Carpenter è sicuramente un film che vale ancora oggi la pena di essere visto. In quel film tutto funzionava, dalla storia al cast, e quello che forse oggi può sembrarci scontato - dopo tutte le volte che è stato imitato - allora era fresco e innovativo.

Chi è interessato, può andare sul sito di MYmovies e leggere la nuova recensione che ho appositamente scritto, rivedendo il film per l'occasione.

martedì 9 ottobre 2018

Terror Take Away

Terror Take Away è un nuovo horror italiano diretto da Alberto Bogo e interpretato, tra gli altri, da Fiorenza Pieri e Roberto Serpi. il film, una sorta di slasher con toni parodici e più di qualche accenno di satira sociale, introduce la singolare figura di un serial killer portapizza.

Chi vuole, può leggere qui la recensione che ho scritto per MYmovies e magari restare sul sito a leggere anche qualcos'altro (ne vale la pena).

Qui sora un'immagine di Fiorenza Pieri.

giovedì 4 ottobre 2018

The Domestics

The Domestics di Mike P. Nelson è uscito in sala: viene classificato da alcuni come un horror, ma in realtà è più un film d'azione post apocalittico, con certamente venature cupe e fosche, ma non necessariamente orrorifiche. Sono ancora indeciso se inserirlo nella terza edizione del mio Dizionario dei film horror. Ci penserò su. Nel frattempo, chi è interessato può leggersi la recensione che ho scritto per MYmovies, cliccando qui.

Qui sopra un'immagine della protagonista Kate Bosworth che ricordo come una affascinante Lois Lane in uno dei Superman meno fortunati della storia del cinema. diversi anni dopo, lei resta un'attrice affascinante e brava (e lo era anche in Somnia, per la verità).

martedì 2 ottobre 2018

Zombie contro zombie

Uscirà nelle sale in soli tre giorni di novembre (7, 8 e 9) e si segnala già come un un film da non perdere per gli appassionati dell'horror e più in generale per tutti i cultori di un cinema intelligente, vivace e ben fatto. Il film si intitola Zombie contro zombie, ma è noto anche il titolo internazionale One Cut of the Dead. Si tratta di un film giapponese diretto da Shinichiro Ueda. Come dice il titolo, ci sono gli zombie, ma c'è anche molto altro. C'è soprattutto amore per il cinema e grande rispetto per chi lo fa in condizioni difficili e avverse, come tutti i cineasti del cinema di genere. E, in senso più generale, è un'apologia di tutti coloro che cercano di fare del loro meglio sotto ogni condizione.

Chi vuole leggere la recnesione che ho scritto per MYmovies deve solo cliccare qui.

lunedì 1 ottobre 2018

La notte dei morti viventi, 50 anni fa…

50 anni fa esatti usciva per la prima volta al cinema La notte dei morti viventi e il cinema horror cambiava per sempre. Ho sempre detto che esiste, per me, l’horror prima e dopo La notte dei morti viventi, che rappresenta il vero discrimine, il film che ha rivoluzionato il genere stabilendo regole e parametri nuovi, diretto da un regista giovane al suo primo lungometraggio, George A. Romero, che da quel film avrebbe tratto fama, ma non soldi, vittima di una serie di sfortune inenarrabili. Ci avrebbe messo dieci anni per ottenere di nuovo un successo commerciale (con Zombi).

Ma de La notte dei morti viventi ho scritto molte volte e non ne rifaccio anche qui un’analisi. Tra l’altro proprio in questi giorni, casualmente, sto leggendo il libro che Dario Buzzolan ha dedicato al film nel 1998 (edito da Lindau), nel trentennale quindi, compiendo un’analisi dettagliata e molto interessante con appena qualche veniale errore fattuale dovuto probabilmente alla carenza di informazioni all’epoca (su There’s Always Vanilla, per esempio).

Ho visto per la prima volta La notte dei morti viventi nell’estate del 1971. Avevo sedici anni e il film era vietato ai 18, ma ero già alto come adesso (parecchio, quindi) ed evidentemente sembravo più vecchio oppure la cassiera del cinema era di manica larga (il cinema era il cinema Roma e chi ha vissuto nella mia città in quegli anni può ricordarsi di che genere di cinema si trattava). Ero con mio fratello Gianni, che di anni ne aveva due di più e quindi era del tutto legittimato a entrare. Quando uscimmo dal cinema facemmo la strada verso casa senza dire una parola. Eravamo rimasti molto colpiti, per dirla con un eufemismo. Poche volte mi è capitato d’essere così colpito da un film (un’altra volta è stato con Non aprite quella porta, nel 1974, ma in modo diverso). Tre anni dopo andai a passare una settimana con degli amici al mare e, dato che avevo fama (non usurpata, devo dire) di cinefilo, ebbi il compito di scegliere il film da vedere tutti insieme (eravamo una quindicina, ragazzi e ragazze). L’anno prima, in analoga situazione, avevo scelto L’ultima casa a sinistra e diversi rimasero un tantino scossi. Quell’anno caso volle che facessero La notte dei morti viventi in un paesino da quelle parti e quindi non ebbi dubbi. All’inizio tutti facevano gli spavaldi aspettandosi il classico horror da ridicolizzare facendosi grasse risate, ma poco dopo nessuno rise più e alla fine i volti erano piuttosto sul terreo. Oggi è difficile - dopo la marea di film sugli zombie e non solo - immaginare l’impatto de La notte dei morti viventi sul pubblico cinematografico. Roger Ebert ha scritto, all’epoca dell’uscita del film in America, un articolo proprio su questo fatto, su come i ragazzini abituati agli horror innocui del periodo fossero rimasti scioccati nel vedere un horror adulto come quello di Romero.

Avevo anche comperato il manifesto - quello che vedete riprodotto qui sopra - appendendolo in camera dove è rimasto per anni. Ce l’ho ancora assieme a molti altri manifesti di cui all’epoca facevo collezione (non è più appeso, però).

Da allora, La notte dei morti viventi è il film che ho visto più volte. Lo rivedo ogni certo numero di anni e ogni volta mi sorprendo a vedere come non abbia perso nulla della sua forza e della sua complessità narrativa. Romero è un regista sul quale prima o poi dovrò scrivere un libro, ma, pur apprezzando molti dei suoi film successivi, devo dire che il suo primo resta il suo migliore.

sabato 22 settembre 2018

La Banda sul Messaggero dei Ragazzi n. 1029!

Nel n. 1029 (ottobre 2018) del Messaggero dei Ragazzi c’è una nuova avventura della Banda, la serie a fumetti che scrivo da ormai qualche anno, sempre con grande piacere. Il titolo della nuova storia è La suora del mistero e come sempre non mente: c’è una suora (anzi ce ne sono due) e c’è anche un mistero. Inoltre, le due cose sono collegate. Ai disegni torna il grande Luca Salvagno che si sbizzarrisce assecondando con grande abilità il tono leggero e umoristico della vicenda, che affronta in modo spero simpatico una problematica piuttosto generale e significativa, che ha a che fare con l’informatica e l’inadeguatezza che talvolta porta al rifiuto.

Storia corale, vede un po’ tutti i ragazzi della Banda operare in sintonia, ciascuno con la sua personalità e il suo ruolo. Non è facile - come ogni sceneggiatore ben sa - giostrare in poche pagine così tanti personaggi diversi cercando di dare a ognuno la giusta rilevanza e soprattutto il giusto scopo. L’aspirazione è sempre quella di riuscire in questo intento.

Qui sopra la vignettona di apertura della storia, nella quale si può notare la finezza cinofila con cui Luca utilizza dei veri manifesti cinematografici d’epoca per richiamare quel buon vecchio cinema di genere che era la spina dorsale delle programmazioni cinematografiche dei tempi che furono (e che io mi ricordo benissimo). Il rifugio segreto della Banda, infatti, è in una sorta di stanzone-magazzino nel quale sono stivati residuati vari del cinema parrocchiale ormai dismesso, compreso il vecchio proiettore in 16 mm che, ne sono sicuro, prima o poi diventerà il protagonista di una storia e che comunque resta sempre lì al suo posto, muto testimone a ricordo di un’epoca che non c’è più, ma che ha lasciato il segno anche in chi non l'ha vissuta.

giovedì 20 settembre 2018

The Nun - La vocazione del male

Oggi è uscito un nuovo film horror appartenente all'universo generato da The Conjuring. Il titolo del nuovo film è The Nun - La vocazione del male e negli Stati Uniti sta avendo un  successo di pubblico notevole.

La protagonista è Taissa Farmiga (ve la ricordate in The Final Girls? Io sì), sorella di Vera Farmiga, star della serie principale nel ruolo di una cacciatrice di spettri. Taissa, invece, interpreta una novizia che si trova a fronteggiare una suora di ben altro tipo.

Chi è interessato a sapere che cosa penso di questo film, non deve far altro che cliccare qui ed essere proiettato sul sito di MYmovies.

Qui sopra Taissa Farmiga in una scena del film.

mercoledì 5 settembre 2018

Slender Man

Domani esce nelle sale un nuovo film horror: il titolo, Slender Man, in questo periodo cinematografico di cinecomix potrebbe far pensare a qualche strano super eroe, ma è in realtà proprio un horror a tutto tondo. Lo dirige Sylvain White. che gli appassionati di horror onnivori e dalla memoria lunga forse ricorderanno alla guida di Leggenda mortale, film appartenente a una saga andata così nel dimenticatoio che nemmeno nella titolazione dei sequel veniva citata.

Tra le protagoniste c'è Joey King (Wish Upon) appaiata a un'altra attrice bravina, Julia Goldani Telles: le vedete entrambe in una suggestiva foto dal film, qui sopra.

Se invece volete leggere la recensione che ho scritto per MYmovies dovete solo cliccare qui, come al solito.

martedì 24 luglio 2018

La settima musa

Tra poco meno di un mese esce nei nostri cinema il nuovo film di Jaume Balaguerò, regista tra gli artefici del rilancio dell'horror ispanico nell'ultimo paio di decenni. Il film si intitola La settimamusa ed è, naturalmente, un horror cupo e ricco di atmosfere macabre, come si conviene alle preferenze e predilezioni del regista.

Chi è interessato può leggere la recensione che ho scritto per MYmovies cliccando proprio qui. Di particolare interesse il cast soprattutto nei ruoli secondari, ma per maggiori dettagli leggete la recensione, com'è ovvio.


mercoledì 4 luglio 2018

Flani (20) I diavoli n. 2

Stimolato da un post su facebook di Tim Lucas (critico insigne ed editore per tanti anni della mirabile rivista Video Watchdog, cui sono stato abbonato finché è durata), riprendo a rispolvere quegli strani artefatti pubblicitari che si usavano una volta. Il film riesumato per l'occasione è I diavoli n. 2 che naturalmente non ha nulla a che fare con il film di Ken Russell, ma è stato intitolato così dalla distribuzione italiana per capitalizzare sul successo di Oliver Reed ne I diavoli. In originale il film si intitolava Blue Blood ed è una sorta di versione horror morbosa de Il servo di Losey e, per questo, l'ho inserito nel mio Dizionario dei film horror. Regista è Andrew Sinclair, di cui è il penultimo film di quattro: non una lunga carriera, come regista.

Il flano punta sull'aspetto morboso e sulla presenza di Oliver Reed (e del suo "agghiacciante sguardo"). 

Lucas, giustamente, si stupiva della disinvoltura dei distributori italiani che avevano fatto passare un film che non c'entrava niente con I diavoli come un suo seguito. La cosa è disdicevole, in effetti, non meno di come lo siano stati tutti i vari seguiti apocrifi (di film stranieri, prevalentemente) prodotti o distribuiti in Italia in quegli anni. Ma gli americani restano maestri di disinvoltura in questo campo e basterebbe a ricordarlo il fatto che l'ultimo film di Mario Bava (Schock) venne initolato, negli USA, Beyond the Door II per farlo credere il seguito di Beyond the Door, titolo americano per Chi sei?, altro noto horror italiano. Tutto il mondo è paese.

giovedì 28 giugno 2018

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1026!


Nel numero 1026 del Messaggero dei Ragazzi (è il numero di luglio, già in distribuzione) c'è una nuova avventura della Banda, intitolata Il mistero del castello e in effetti, vi posso garantire, ci sono entrambi: mistero e castello. 

Ai disegni questa volta torna il bravo Francesco Frosi, sperimentato e ispirato componente dell'ottimo gruppo di disegnatori che si dedica a illustrare le storie che scrivo per questa serie giunta ormai al suo terzo anno di vita (e speriamo che prosegua almeno sino a diventare maggiorenne). Ai colori c'è Stefania Miola, che se la cava egregiamente.

Questa volta si tratta di un'avventura a tutto tondo con sfumature gialle e, mi auguro, soprattutto un po' di divertimento. I ragazzi della Banda sono costretti dalle circostanze a dividersi e successivamente si dividono ulteriormente in seguito a uno scontro tra individualità confliggenti, come capita spesso. Ma quando le cose si fanno serie, i contrasti si superano per cercare il bene comune.

 Qui sopra una mezza paginata che dovrebbe rendere l'idea del tono della storia e soprattutto della bravura di Francesco.

domenica 3 giugno 2018

The Key - Il viaggio di Michele Pastrello





The Key - Il viaggio è il nuovo cortometraggio di Michele Pastrello: pochi minuti di rara intensità a raccontare senza parole una storia complessa e commovente che mette di nuovo a confronto la natura umana con la Natura, il finito con l'infinito. Lo sviluppo narrativo è incalzante e coinvolgente: è impossibile non essere colpiti dal dramma che traspare dal viaggio di una donna nel proprio dolore. Un dolore che sembra insuperabile e inconsolabile proprio perché legato a una perdita terribile. Sembra, perché Pastrello conclude la storia su una nota di consapevolezza che ci ricorda come nulla di ciò che sembra perso lo è davvero, in un certo modo. Un finale che non sa di consolazione, ma appunto di presa di coscienza.

La capacità di raccontare per immagini di Pastrello è ormai arrivata a una perfezione di forma davvero impressionante. A questo si aggiunge una capacità tecnica matura e notevole, con la nitidezza e la suggestività della fotografia e la persuasività dell’accompagnamento musicale. Protagonista assoluta è la brava e intensa Eleonora Bolla che ha accompagnato il regista in parecchi dei suoi lavori.

A questo punto, l’auspicio è quello di vedere finalmente un lungometraggio di Pastrello: sarebbe di certo qualcosa di positivo e direi quasi imprescindibile per il cinema italiano.

Il film è visibile su Youtube a questo link e vi consiglio di non perdere l’occasione.

lunedì 28 maggio 2018

The Strangers: Prey at Night

Dieci anni fa uscì The Strangers, esordio alla regia per Bryan Bertino. Si trattava di un horror sul classico tema della home invasion, con l'ambizione di tentare (moderate) varianti di qualche tipo, forse magari anche filosofico-concettuale. Vi giganteggiava la sempre bella Liv Tyler. Chi vuol sapere cosa penso di quel film deve consulktare il mio Dizionario dei film horror (seconda edizione).

Tra qualche giorno esce nelle sale il sequel di quel film, intitolato The Strangers: Prey at Night e diretto dall'indaffarato Johannes Roberts, regista molto attivo nel campo. Chi vuole sapere cosa penso di questo remake può cliccare qui e leggere la recensione che ho scritto per MYmovies: procedura ben più semplice rispetto alla precedente, ma tant'è.

Qui sopra un'immagine dal film con in evidenza le protagoniste femminili Christina Hendricks e Bailee Madison.

giovedì 24 maggio 2018

Bob Dylan 77

Come sempre non posso sottrarmi al post celebrativo e augurale per il compleanno del grande Bob. Anche quest’anno è passato aggiungendo qualche tassello ulteriore a quello che è ormai un grande puzzle di complessità insondabile, sempre in costruzione e sempre cangiante come la casa della vedova Winchester, ma per fortuna ricco di cose buone invece che di fantasmi.

Quest’anno ci ha portato altri concerti e soprattutto, in quest’ambito, l’atteso ritorno in Italia. Sono stato a Mantova a vederlo, come ho già relazionato qui, e anche stavolta si può dire che i concerti sono stati di qualità, pur se molto diversi da quelli che si potevano vedere venti o trenta o magari più anni fa. Ma chi è che non cambia? E soprattutto perché il cambiamento dovrebbe essere visto come qualcosa di negativo? Uno dei punti di forza di Bob Dylan, invece, è stato sempre il cambiamento, la capacità di rinnovarsi costantemente. Di essere sempre diverso e nello stesso tempo sempre uguale, sempre coerente a se stesso.

Un tassello importante che ci ha portato quest’anno è stato la pubblicazione e la riscoperta del periodo cosiddetto cristiano attraverso il nuovo cofanetto della serie The Bootleg Series, intitolato Trouble No More. Notevole per varietà e infinite sfaccettature, quel periodo oggi può essere visto con occhi diversi (e sentito con orecchie diverse) da quelli del tempo in cui quei dischi uscirono. Ricordo benissimo il mio sconcerto e le mie perplessità, allora. Mi ci volle un po’ per rendermi conto di quello che stava facendo e per accettarlo perché era un cambiamento radicale. La prima volta che ho ascoltato Slow Train Coming l'ho fatto in una cabina audio in un negozio di dischi a Londra nell'estate del 1979, quando il disco era appena uscito. Rimasi copito, musicalmente, in particolare da Precious Angel, ma rimasi anche un po' perplesso per i testi, per quel che potevo capire allora.  Per fortuna, a mio avviso, i dischi del periodo cristiano andarono in crescendo, non so se come qualità, ma sicuramente come appeal per me. So che Slow Train Coming è un disco ben più perfetto di Saved, ma a me è sempre piaciuto di più (o meglio ho sempre ascoltato più volentieri) quest’ultimo, con la grandissima What Can I Do For You?. E Shot of Love mi è piaciuto ancora di più, con canzoni imprescindibili come In the Summertime ed Every Grain of Sand. Trouble No More ci porta in mezzo al mare mosso e magno di un tumulto creativo di notevole intensità e ci fa sentire (e vedere, c’è anche un dvd) molto anche del significativo periodo concertistico di quegli anni. Avrei desiderato un cd solo di versioni di Forever Young live del 1981 (ho parlato qui della grandezza di quelle versioni: tra l'altro in quel post del 2009 concludevo proprio augurandomi che decidessero di far uscire un Bootleg Series dedicato a quei concerti. Non credo che alla Columbia mi leggano, ma per fortuna è più o meno successo): mi sono dovuto accontentare di solo una versione, ma c’è molto altro di cui godere.

Per il futuro speriamo in altri concerti e soprattutto, anche se bisogna dargli atto di aver comunque fatto più che abbastanza da meritarsi un riposo creativo, un nuovo album di inediti. Manca dal 2012, speriamo che il 2018 sia l’anno buono.

giovedì 10 maggio 2018

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1024

Nel numero 1024 (maggio 2018) del Messaggero dei Ragazzi - il numero attualmente in distribuzione - compare una nuova storia della Banda, la serie a fumetti che scrivo da alcuni anni. I disegni questa volta sono della bravissima Giorgia Catelan che anche questa volta ha saputo trovare la chiave giusta per raccontare una storia particolare.



Particolare soprattutto per l'argomento che tratta. Il titolo della storia, Il velo, ci fa intuire l'argomento, legato molto all'attualità del mondo in  cui viviamo adesso. Non è facile trattare argomenti come questo e ci ho messo parecchio a capire come potevo fare a esprimere il concetto nel modo migliore, senza essere didattico o didascalico o peggio ancora banale. Non so se ci sono riuscito, ma ci ho provato senza scansare le difficoltà, puntando in modo semplice e diretto alla questione. E cercando soprattutto di mantenere una brillantezza del racconto che non metta in secondo piano l'intrattenimento che deve comunque essere garantito da una storia che voglia interessare i lettori. Il messaggio migliore, come si sa, è quello che non si vede, ma non sempre è possibile celarlo. Quando non è possibile, bisogna fare in modo che il messaggio sia inserito in una vicenda brillante. 

Qualcuno ricorderà quello che un giorno disse il grande Samuel Goldwyn (grande anche per come riuscì a insinuarsi nel nome della MGM!): "Se vuoi mandare un  messaggio, spedisci un telegramma, non fare un film". Si potrebbe parafrasare la frase sostituendo un fumetto al film, no? Però anche se Goldwyn non aveva torto non si può neppure dire che avesse ragione, se non nel senso che ha detto una frase arguta e simpatica. Di film eccezionali con un messaggio ce ne sono parecchi. Di fumetti, anche. Non necessariamente questo, naturalmente, ma provarci non è mai male.

lunedì 7 maggio 2018

L'arbitro infallibile e la Gazzetta dello Sport

La passione per il calcio non mi ha mai abbandonato in tutti questi decenni e mi ha spinto a scrivere parecchie storie di ambiente calcistico: per il Messaggero dei Ragazzi, per Il Giornalino e soprattutto per Topolino. Una di queste storie si intitolava Paperino e l'arbitro infallibile: è stata pubblicata sul numero 2428 di Topolino nel giugno 2002 (che a voi magari sembra lontano, ma a me sembra ancora molto vicino) ed è stata disegnata da Valerio Held, valente disegnatore disneyano di lungo corso.

Oggi questa storia è stata rievocata da un bell'articolo firmato Licari-Gasparotto sul sito, nientemeno, della gloriosa Gazzetta dello Sport, quotidiano che ha colorato di rosa le mie letture per anni e anni. C'è stato un periodo (pre-spezzatino) in cui La Gazzetta del lunedì (che come qualcuno si ricorderà racchiudeva le partite di tutte le serie calcistiche che allora invariabilmente giocavano tutte di domenica) era un vero e proprio rito, per me. Tutt'ora la leggo con regolarità e con piacere.

Chi vuole leggere l'articolo, non ha che da cliccare qui e precipitarsi sul sito della Gazzetta. Chi vuole invece leggere la storia deve ricercare quel vecchio Topolino o le varie altre pubblicazioni in cui è stata ristampata, anche di recente (per i dettagli consultate l'inducks, naturalmente).

Come si capisce leggendo l'articolo della Gazzetta, la storia teorizzava sull'avvento di un arbitro robotico finalmente infallibile che incarnava quella che all'epoca veniva invocata come "la moviola in campo", cercando di ipotizzare cosa avrebbe potuto succedere nel difficile equilibrio che, tra tifo e ragione, regge il mondo del calcio. L'argomento mi interessava e per questo ho scritto quella storia. Il calcio mi interessa ancora, forse più che mai, e lo conosco bene. Credo che questo possa trasparire non solo da questa storia, ma da tutte quelle che ho scritto di ambiente calcistico, cercando di esplorare aspetti poco trattati in ambito fumettistico (qualcuno si ricorda Paperino procuratore sopraffino? Non credo. Io però me la ricordo).

Per intanto, ringrazio Stefano Intini che mi ha segnalato l'articolo (che mi era sfuggito) e anche Andrea Smedile che me lo ha anche lui successivamente segnalato su Facebook.

mercoledì 2 maggio 2018

Suspiria 2018

Tra un po' dovrebbe uscire il remake di Suspiria, il classico film horror che rappresenta forse la migliore riuscita di Dario Argento. Il remake è diretto da Luca Guadagnino, un regista con un curriculum di notevole interesse, ma del tutto scevro da puntate nel genere orrorifico. Un bene o un male? Chissà. Chi è interessato a leggere alcune mie considerazioni preliminari sul remake - senza aver io visto ancora niente, peraltro - può cliccare qui ed essere trasportato sul sito di MYmovies.

lunedì 9 aprile 2018

Bob Dylan a Mantova, 8 aprile 2018

Ieri sera a Mantova, al Palabam, per il mio ventesimo concerto dylaniano. Sala affollatissima (non di marinai, penso) e puntualità al minuto, come sempre, da parte di Bob Dylan. Questa è una cosa che ho sempre apprezzato perché significa professionalità (che anche in un artista sommo come lui non guasta) e rispetto per il pubblico. Apprezzo meno che parte del pubblico non manifesti lo stesso rispetto e arrivi a concerto già iniziato costringendo gli altri ad alzarsi per consentire ai ritardatari di prendere posto.

Avevo letto alcune recensioni che lamentavano lo stato della voce di Bob Dylan, ma devo dire che, invece, la voce è in ottima forma, soprattutto rispetto a qualche anno fa. Il cantato è sempre preciso e le parole molto spesso distinguibili (il che è tutto dire, come ogni dilaniano ben sa). La band è compatta e ormai perfettamente rodata. La formazione è la stessa da tempo e questo si riflette nella performance: l’immarcescibile Tony Garnier al basso, George Recile alla batteria, Sto Kimball alla chitarra ritmica. Charlie Sexton alla chitarra solista e poi il multistrumentista Donnie Herron. Dylan invece suona il piano. Il che ci porta alla prima considerazione. Dopo la chitarra (ormai assente in pianta stabile dal 2003), sembra essersene andata anche l’armonica che sino a un paio d’anni fa era una coloritura immancabile dei concerti dylaniani. La cosa, devo dire, mi dispiace. Ricordo che la prima cosa che facevo anni fa quando usciva un nuovo disco di Dylan era di guardare nel retro copertina del vinile la composizione della banda e controllare se Dylan suonava l’armonica. Se lo faceva - quasi sempre lo faceva, ma non sempre - ero rassicurato. Per qualche motivo, il suono dell’armonica di Dylan ha sempre avuto un fascino particolare. E non solo per me. Comunque, così stanno le cose e bisogna prenderne atto.

Il concerto è stato molto buono. Se n’è andato l’intervallo a metà concerto e l’esibizione è tornata compatta con solo la breve pausa prima dei bis. La scaletta è stato un bilanciato insieme di canzoni vecchie e nuove, con un contorno delle ormai famigerate cover sinatriane che, peraltro, non sono niente male e sono state particolarmente apprezzate dal pubblico, con applausi a scena aperta (durante l’esecuzione, cioè).

L’esordio, come ormai sempre avviene da anni, è stato con Thing Have Changed, una canzone formidabile che aveva trovato qualche anno fa la sua forma perfetta e trascinante. Dato che però Dylan non riesce a stare fermo, quella perfezione è stata abbandonata alla ricerca di un nuovo arrangiamento che mantiene la potenza della canzone, ma, a mio avviso, in qualche modo risulta meno perfetto, più instabile, anche a causa di qualche strana incertezza della band nella parte iniziale del brano. Resta comunque una canzone ottima, con un testo perfettamente adatto ai nostri tempi.

Don’t Think Twice, It’s Alright è stata cantata in modo molto sentito, con una profonda adesione alle parole di quella che resta un canzone capolavoro, una canzone di indipendenza, per così dire. l’arrangiamento, uno dei tantissimi cui questa canzone è stata sottoposta, è molto azzeccato: lento, coinvolgente, con la voce di Dylan in grande evidenza.

Highway 61 Revisited è un vecchio cavallo di battaglia che mantiene sempre la sua forza trascinante e anche questa volta non tradisce.

Simple Twist of Fate, una delle migliori canzoni da un album capolavoro (Blood on the Tracks), è stata presentata in una versione ottima, rallentata e sentita. Anche in questo caso, Dylan l’ha cantata con grande adesione al testo.

Duquesne Whistle, la canzone d’apertura del suo ultimo album di originali in studio (Tempest), mi era sembrata un po’ incerta in altre versioni dal vivo, ma questa volta, pur un po’ imprecisa nell’avvio, si è poi manifestata in una versione trascinante e coinvolgente.

Melancholy Mood, la prima delle cover cosiddette “sinatriane”, ha visto Dylan abbandonare il piano e, da consumato crooner, esibirsi a centro palco con il microfono in mano. L’effetto è stato notevole e la performance vocale molto attenta.

Honest With Me è un’altra di quelle canzoni dal ritmo trascinante che fanno sempre il loro effetto dal vivo pur non essendo, in questo caso, una canzone di particolare valore.

Tryin’ To Get to Heaven è una delle migliori canzoni di un altro album capolavoro (Time Out of Mind). L’arrangiamento attuale è molto diverso da quello, perfetto, dell’album ed è un po’ difficile da riconoscere. L’esito è inferiore alla versione da studio perché non sembra esserci perfetta sincronia tra il cantato e l’accompagnamento: sembra mancare precisione e condivisione. La canzone resta però potente per quello che dice - la metafora principale è suggestiva (cercare di arrivare in Paradiso prima che chiudano la porta) - e per come Dylan lo dice.

Once Upon a Time, seconda cover “sinatriana”, è un altro pezzo d’atmosfera, reso in modo molto buono.

Pay in Blood è un’altra canzone da Tempest: tagliente e sulfurea, è stata resa con un’esecuzione selvaggia e “cattiva”, come deve essere.

Tangled Up in Blue, altro classico da Blood on the Tracks, è stata presentata in una versione intensa e suggestiva, con un arrangiamento molto lontano da quello originale, ma capace di mantenere intatta la forza della canzone.

Early Roman Kings, un bluesaccio da Tempest è, come Honest With Me, una canzone decisamente minore che però ha una forza ritmica che la rende di particolare efficacia dal vivo. Anche questa volta non ha tradito, sotto questo profilo.

Desolation Row, super classico, è una canzone che non tradisce mai. Trascinante e coinvolgente, è stata eseguita con bravura e sentimento da Bob Dylan cui si può perdonare se nell’occasione ha ripetuto due volte la stessa strofa. Uno dei punti massimi del concerto.

Love Sick, da Time Out of Mind, è una di quelle rare canzoni che Dylan non ha mai sentito l’esigenza di modificare. L’arrangiamento, potente e suggestivo, è praticamente rimasto sempre lo stesso della versione originale in studio: l’atmosfera di distacco e di consapevolezza che il testo crea viene accompagnato benissimo dalla musica con un effetto di notevole compiutezza.

Autumn Leaves è stata la terza e ultima cover “sinatriana”, anche stavolta molto ben accolta dal pubblico e molto ben eseguita.

Thunder on the Mountain, la famosa canzone in cui Dylan cita Alicia Keys, è un’altra di quelle canzoni che dal vivo risultano certamente migliorate, anche per il loro ritmo trascinante. Di rilievo l’assolo batteristico di George Recile che ha richiamato alla memoria certi assoli che erano frequenti negli anni ’70. Notevole l’esecuzione, nel complesso.

Soon After Midnight, canzone romantica per eccellenza e azzeccato accompagnamento dylaniano delle sue cover sinatriane, ha svolto alla perfezione il suo compito di contrappasso tranquillo e suggestivo dopo lo scatenamento della canzone precedente.

Long and Wasted Tears, capolavoro da Tempest, è una canzone che, nella sua concisione e precisione, rasenta la perfezione nella rappresentazione delle inevitabile asperità relazionali di coppia: Dylan l’ha cantata come sempre con grande partecipazione emotiva, in un arrangiamento che riprende l’originale, ammorbidendolo.

È stata poi la volta dei bis, il primo dei quali è stato una versione trascinante di Blowin’ in the Wind e il secondo un’interpretazione ottima di un’altra canzone che non tradisce mai, Ballad of a Thin Man.

Alla fine, pubblico in piedi e applausi sentiti. Anche questa volta, niente male.


Per la precisione, la foto qui sopra l'ho scattata un'ora prima del concerto: la sala si è poi riempita.

martedì 3 aprile 2018

Ghost Stories, una rivisitazione della tradizione



Tra qualche giorno - il 19 aprile, per l'esattezza - esce in sala anche in Italia il film Ghost Stories, un horror antologico diretto da Jeremy Dyson e Andy Nyman. Si tratta di un film che riprende e rivisita la tradizione britannica delle storie di fantasmi e, anche, dei film antologici. In questi termini, per l'appunto, ne ho scritto in un approfondimento per MYmovies che, se vi interessa, potete leggere cliccando qui.

lunedì 2 aprile 2018

Il Mattino di Padova e Stefania Casini ovvero Quarant’anni fa: io c’era.

Qualche giorno fa il Mattino di Padova, quotidiano locale, ha festeggiato i suoi quarant’anni di vita. La cosa mi ha interessato anche a livello personale perché in effetti in quel primo numero di quel quotidiano quarant’anni fa ero presente anch’io (e lo sarei stato parecchie volte in seguite per un certo periodo di tempo). Ed ero presente con un’intervista a Stefania Casini che avevo incontrato sul set del film che stava girando nel veneziano per la regia di Antonio Bido, regista padovano di notevole bravura. Il film era un thriller che avrebbe assunto il titolo di Solamente nero, ma che allora si intitolava ancora provvisoriamente Dietro l’angolo il terrore. Era il film con cui Bido intendeva bissare il successo ottenuto con un altro thriller, Il gatto dagli occhi di giada, parzialmente girato proprio a Padova.

Trascorsi un’intera giornata sul set del film, facendo parecchie interviste: praticamente intervistavo  (molto volentieri) chiunque riuscivo ad avvicinare. Ne ho già parlato qualche anno fa, di quell’esperienza, proprio su questo blog. Naturalmente quando si trattò di pubblicare qualcosa della mole di materiale che avevo preparato, la redazione del quotidiano virò sull’intervista a Stefania Casini, per quel tocco di glamour che garantiva. Ricordo ancora la notevole cordialità dell’attrice durante l’intervista. Appassionato di horror com’ero (e come sono) ero molto interessato alle sue esperienze in quel campo, ma mi incuriosiva anche la versatilità da lei dimostrata nel corso della carriera sino a quel momento (e sarebbe stato lo stesso anche nel prosieguo): lei rispose a tutto con simpatia e autoironia.

Qui sopra riproduco l’articolo che uscì quel giorno. Non è una scansione, ma una fotografia: credo però che si riesca a leggere comunque abbastanza bene.

Negli anni successivi scrissi parecchie recensioni per quel quotidiano e occasionalmente qualche intervista, per esempio a Giorgio Albertazzi e anche - ma non venne pubblicata perché il giorno prima della data prevista per la pubblicazione ne uscì un’altra per il quotidiano padovano concorrente - a Renato Rascel (se la ritrovo, magari la pubblico qui, dopo quarant’anni). Poi le nostre strade, come si dice, si separarono. Quando però è tempo di anniversari, i ricordi riaffiorano, per così dire.

domenica 11 marzo 2018

Il vortice dei ricordi: cosa c’è dietro


Che cosa c’è dietro Il vortice dei ricordi (il mio romanzo di fantascienza per ragazzi recentemente pubblicato da Alcheringa Edizioni)? Ma ovviamente ciò che c’è dietro è il retrocopertina! E vale la pena di parlarne. Lo vedete pubblicato qui in evidenza e in tutta la sua magnificenza. Lo ha disegnato il grande Stefano Intini, artista poliedrico noto soprattutto per le sue frequentazioni disneyane (che sono state anche le mie, talvolta), ma non solo: Stefano ha fatto molto altro e molto bene.

Di recente, nell’introduzione al catalogo di una mostra cui ha partecipato, così ho parlato di lui (e, dato che sono un ambientalista, provvedo a riciclare la mia prolusione): “Con la quieta potenza di chi possiede un talento notevole e lo libera sicuro dell’esito cui perverrà, Stefano Intini ha seguito un percorso progressivo che lo ha portato a diventare uno dei disegnatori disneyani più efficaci e personali, seguendo senza apparente sforzo - come un vero natural, un predestinato - il cammino che da iniziale allievo di un maestro come Giorgio Cavazzano lo ha fatto diventare egli stesso un maestro, con uno stile personalissimo, oggetto, come si diceva di quel settimanale enigmistico, di numerose imitazioni. La poliedricità di uno stile così autentico e originale lo ha portato inevitabilmente a progetti extra Disney di assoluto valore, tra i quali non si può non ricordare almeno il Petit Pierre scritto per lui da un altro grande disneyano (e non solo) come Corrado Mastantuono. Ma tra strisce, vignette e lavori pubblicitari, c’è molto altro a testimoniare una irrequietezza e una curiosità tipiche del creativo”.

Come si può desumere dal mio non molto vecchio post sui disegnatori delle mie storie, Stefano è piazzatissimo nella mia top ten e questo vuol dire che abbiamo collaborato parecchio e, per quanto mi riguarda, molto volentieri: a parte Disney, abbiamo lavorato insieme per l’Unione Sarda (grazie al sempiterno Silvio Camboni), per Prezzemolo, e per altro ancora. E direi che non è ancora finita, per fortuna.

La sua capacità nel campo della caricatura è proverbiale e si evidenzia anche in questo caso: in una sola vignetta è riuscito a compendiare gran parte del mio lavoro con citazioni che magari ai più possono sfuggire, ma non a me. In un disegno è racchiuso un piccolo mondo, in sostanza. Avere un disegno di Stefano Intini nel retro copertina del mio romanzo è stato un privilegio. Così come, non va dimenticata l’ottima copertina di Nicola Pasquetto, che riproduco qui sotto e di cui abbiamo già parlato.



Tra copertina e retrocopertina c’è il romanzo, un sacco di parole che mi auguro possa essere interessante e possa perciò trovare qualcuno, appunto, interessato alla sua lettura. Trattandosi di un libro che sottolinea l’importanza dei ricordi, mi permetto di ricordare che Il vortice dei ricordi è disponibile nei vari negozi on line e anche in libreria, per lo più su ordinazione, come ho già spiegato qui. Don’t dare to miss it.

mercoledì 7 marzo 2018

The Lodgers

Tra qualche giorno esce in sala un nuovo horror, The Lodgers - Non infrangere le regole, un film irlandese diretto da Brian O'Malley. Film d'atmosfera, rinverdisce la tradizione tutta britannica (anche se qui, come detto, siamo in Irlanda) delle ghost stories lugubri e morbose.

Chi vuole leggere la recensione che ho scritto per MYmovies deve solo cliccare qui e verrà catapultato su quel glorioso sito proprio alla pagina giusta.


Nelle foto qui sopra compare in evidenza la protagonista Charlotte Vega, attrice anglospagnola di notevole bellezza e bravura.

giovedì 15 febbraio 2018

Nexus di Michele Pastrello


Quante cose si possono dire in cinque minuti senza nemmeno usare le parole? Nexus, il nuovo cortometraggio di Michele Pastrello ci dimostra che in quel breve volgere di tempo si può dire molto, anche usando solo le immagini, assieme a un attento e ispirato uso della musica. E si può dire molto andando parecchio in profondità nello scandagliare l'animo umano con una precisione e una nitidezza che impressionano, con una sincerità che è quasi difficile da sostenere.

Nexus racconta di un legame profondo che vince confini apparentemente insuperabili e nello stesso tempo testimonia la forza e la potenza del ricordo, che può tenere vivo ciò che forse non lo è più. Il candore della rappresentazione è disarmante e l'interpretazione del protagonista sublime nella sua naturalezza. Ma soprattutto è la perfezione della regia e del montaggio a sorprendere per la maturità autoriale che dimostra. Non c'è niente di superfluo e niente di meno di quello che ci dovrebbe essere per veicolare nel modo migliore il messaggio narrativo o meglio la filosofia che esso sottende. Non c'è neanche quel compiacimento per la bellezza delle immagini che talvolta subentrava, legittimamente ma non sempre a pieno servizio della narrazione, in precedenti lavori di Pastrello. La perfetta adesione allo spirito del racconto porta l'autore a una concisione e a un'economia narrativa difficilmente migliorabili.

Il film si può vedere su YouTube a questo link. Vi consiglio di non perdere l'occasione.

venerdì 2 febbraio 2018

La Banda nel Messaggero dei Ragazzi n. 1021


Nel numero 1021 (febbraio 2018) del Messaggero dei Ragazzi, attualmente in distribuzione, c'è una nuova storia della Banda, la serie che sto con piacere scrivendo da qualche anno. Il titolo di questo episodio è Primavera: siamo un po' in anticipo rispetto alla primavera meteorologica, ma ciò costituisce di certo un buon auspicio per il bel tempo che presto verrà e, comunque, la primavera di cui la storia parla è metaforica, quella del cuore, che può venire in qualsiasi momento, anche nel momento più buio dell'inverno, quando meno ce lo si aspetta.

I ragazzi della Banda si troveranno quindi alle prese con qualcosa di nuovo, qualcosa di insolito da affrontare e, nel farlo, si confronteranno anche con un nuovo personaggio che non entrerà a far parte fissa del cast, ma tornerà più di qualche volta. Come sempre, il gioco è corale e ciascuno dei personaggi interagisce con gli altri alla ricerca di una soluzione che mantenga salda l'amicizia.

Ai disegni torna la brava Giorgia Catelan che anche questa volta si dimostra perfettamente all'altezza (e anche più) della situazione. Devo dire che è un vero piacere collaborare con il gruppo di disegnatori di grande bravura che si alterna in questa serie: oltre a Giorgia, ci sono Luca Salvagno (creatore grafico della serie), Francesco Frosi e Isacco Saccoman. 

Qui sopra alcune vignette che rendono l'idea e mi auguro possano incuriosire e spingere a leggere la storia.

lunedì 29 gennaio 2018

Slumber - il demone del sonno

Questo giovedì esce in sala Slumber - Il demone del sonno un nuovo horror che ha al centro la relazione tra noi umani e i nostri sogni, nonché con, forse, qualcuno o qualcosa che ne approfitta. Alla regia l'esordiente Jonathan Hopkins, mentre la protagonista è Maggie Q, qui sopra in una scena dal film.

Chi è intertessato a sapere che cosa ne penso, può andare qui e leggere la recensione che ho scritto per MYmovies.

mercoledì 24 gennaio 2018

Il vortice dei ricordi al Premio Bancarellino 2018


Ho appreso con piacere che il mio romanzo Il vortice dei ricordi (Alcheringa Edizioni) è stato selezionato tra i 20 libri per ragazzi semifinalisti al prestigioso Premio Bancarellino 2018. Inutile dire che per me è una notizia particolarmente bella.

Chi è incuriosito e vuol leggere il libro può fare riferimento a quest'altro post in cui ho spiegato dove e come procurasrselo. 

Qui sopra, ripropongo l'immagine di copertina, disegnata da Nicola Pasquetto.




domenica 21 gennaio 2018

Japanese Tales of Mystery & Imagination di Edogawa Ranpo

Da molto tempo - in sostanza da quando ho cominciato a interessarmi dei film di Teruo Ishii, che ne era grande ammiratore - desideravo leggere qualcosa di Edogawa Ranpo perché i riflessi cinematografici che mi erano giunti (primo tra tutti il fondamentale Horrors of Malformed Men, proprio di Ishii) mi erano sembrati di assoluta grandezza anche dal punto di vista degli spunti narrativi che li avevano originati e perché mi aveva incuriosito la grande dedizione che aveva spinto questo autore giapponese (il cui vero nome era Taro Hirai) ad assumere uno pseudonimo che nella fonia giapponese richiamava Edgar Allan Poe, suo maestro di riferimento.

Finalmente l’ho fatto, ho letto una raccolta intitolata Japanese Tales of Mystery & Imagination (Tuttle Publishing), comprendente alcuni dei suoi più famosi racconti. Non sono rimasto deluso. Tutt’altro. Ho avuto conferma della grandezza e dell’unicità di Ranpo (1894-1965) e mi sento di consigliare questo libro.

Come Poe, Ranpo alterna racconti di orrore psicologico a storie di detection, dove l’investigazione è anche quella dell’animo umano. In entrambi i casi, Ranpo si dimostra un maestro anche per l’originalità degli spunti che una scrittura piana e gradevole riesce sempre a sviluppare in modo avvincente e suggestivo. Le sue storie sono spesso storie di ossessioni che arrivano al parossismo: che sia quella per gli specchi o quella per un volto femminile visto una volta sola e da ricercare costi quel che costi, sono ossessioni che spingono chi ne soffre alla ricerca dell’assoluto, con esiti a volte sorprendenti. Altre ossessioni sono ancora più bizzarre. Rimane famosa quella che è alla base di uno dei racconti più tipici di Ranpo (The Human Chair) in cui un valente artigiano costruisce una poltrona con un’intercapedine tale da consentirgli di inserirvici dentro e poter sentire su di sé chi si siede sulla poltrona. I riflessi morbosi che spesso si insinuano nei racconti di Ranpo sono un’altra significativa caratteristica della sua scrittura. Basti pensare che nel caso del racconto in questione l’artigiano si innamora di una donna che si siede sulla poltrona (su di lui), anche senza averla mai vista. Un altro racconto famoso è Caterpillar, che nel 2010 Koji Wakamatsu ha portato sullo schermo: è la storia del morboso rapporto tra un reduce di guerra tornato a casa senza arti e sua moglie. E restando in ambito cinematografico anche Gemini (1999) di Sninya Tsukamoto è tratto da un racconto di questa raccolta. Ma sono parecchi i film ispirati a Ranpo ed è inutile cercare di farne un elenco in questa sede.

Nel caso della raccolta in questione, la traduzione è stata supervisionata da Ranpo stesso e quindi si presenta come di particolare interesse. Ranpo, infatti, comprendeva bene l’inglese, anche se non era in grado di scrivere in inglese e quindi di tradurre le proprie opere. Desideroso, però, di portarle a conoscenza del pubblico di lingua inglese si era impegnato in un lungo lavoro con un traduttore suo amico per arrivare a una traduzione fedele e concordata.

Questa raccolta è stata tradotta in italiano con il titolo L’inferno degli specchi nel 2011 (Collezione Urania n. 99). Quindi chi vuole leggerla in italiano sa dove trovarla. Io l’ho letta in inglese in formato Kindle. In qualunque modo vogliate leggerla, non credo ve ne pentirete. Per quanto mi riguarda credo che proseguirò nell'esplorazione del mondo letterario di Ranpo.

giovedì 18 gennaio 2018

Segnocinema 209 e Ugo Liberatore

Certe volte le coincidenze guidano le nostre azioni. Mi è capitato tempo fa di tirare fuori una videocassetta che avevo registrato dalla televisione quasi vent'anni prima e, quasi senza sapere cosa c'era dentro, di inserirla nel videoregistratore (sì, ce l'ho ancora, ovviamente, più d'uno) e di vedere, di conseguenza, Love Maker - L'uomo per fare l'amore. Il titolo un po' fuorviante mi aveva tenuto distante dal film - che però aveva registrato volontariamente - ma vedendolo mi sono reso conto che era un film particolare e decisamente più interessante di quel che pensavo.

Naturalmente il nome di Ugo Liberatore non mi era ignoto e nei primi anni '70 ricordavo che era stato assai in voga per i suoi film erotico-esotico-esistenziale che ero troppo giovane per poter vedere (erano tutti vietati ai 18). Per una ragione o per l'altra negli anni successivi non li avevo recuperati e quindi l'unico Liberatore che avevo visto era Nero veneziano, il suo horror. Pertanto, dopo aver visto Love Maker mi sono reso conto che c'era molto da (ri)scoprire. Per quanto la sua carriera di regista sia stata breve e avara di titoli, Liberatore ha lasciato il segno, secondo me, e questo segno ho voluto ripercorrerlo dopo tanti anni dall'uscita di quei film.

Il risultato è l'articolo Il cinema di Ugo Liberatore - Un regista tipicamente atipico che i più volenterosi e interessati possono trovare sul n. 209 (gennaio-febbraio 2018) di Segnocinema, attualmente in distribuzione. Magari vi viene voglia, leggendolo, di vedervi qualche film di Liberatore. Non sarebbe male.

Con l'occasione, tra gli altri ottimi articoli che come sempre popolano le pagine di Segnocinema, mi piace segnalare di Ilaria Franciotti e Valerio Sbravatti Shining: King vs. Kubrick che mette a confronto la versione cinematografica di Kubrick con la miniserie televisiva voluta da King.

Insidious: L'ultima chiave

Oggi è uscito il quarto episodio della serie di Insidious. Il titolo è Insidious: L'ultima chiave (ormai è invalso anche qui l'uso dei due punti, invece della lineetta, dimenticando che così bisognerebbe mettere, diversamente che in inglese, la minuscola dopo i due punti, ma tant'è) e alla regia questa volta c'è Adam Robitel (qualcuno ha visto il suo The Taking of Deborah Logan?). Wan e Whannell comunque ci sono, in vari ruoli. E quel che più conta è che c'è lei, la settuagenaria scream queen Lin Shaye - qui sopra in un'immagine dal film - che con il ruolo di Elise Rainier ha definito la sua carriera.

Chi è interessato può leggere qui la recensione che ho scritto per MYmovies.

domenica 14 gennaio 2018

Ancora su Il vortice dei ricordi (e su come trovarlo)

Come ho già segnalato qualche tempo fa, è uscito il mio romanzo Il vortice dei ricordi (Alcheringa Edizioni). Ho già accennato a trama e contenuti qui, ma mi pare il caso di ritornarci sopra per rendere meglio l’idea di cosa si tratta. La storia ha per protagonisti due ragazzini che si trovano alle prese con un problema troppo grande per loro, ma che sono chiamati a risolvere perché nessun altro può farlo. E loro devono quindi provarci pur non essendo per nulla attrezzati a farlo. Perché quando nessuno può aiutarci dobbiamo cercare di aiutarci da soli.

Roby è un ragazzino come tanti, con i suoi sogni, le sue preferenze, le sue passioni. Zara, invece, non è di questo mondo, ma di un altro e perciò si trova doppiamente in difficoltà nell’affrontare il grosso problema che minaccia la Terra e prima ha minacciato il mondo da cui proviene. L’incontro con Roby la porta a cercare in lui il supporto che le serve per la sua missione impossibile, ma naturalmente Roby ha le sue remore e le sue paure di fronte a qualcosa di così grande e pericoloso. Il romanzo è anche la storia di come i due cerchino il modo di superare i propri limiti facendo forza sulle loro convinzioni e sul desiderio di recuperare quello che hanno perduto.

Ed è anche una riflessione su come noi in fondo siamo i nostri ricordi: perderli o trattenerli fa una bella differenza. Il tutto in un contesto tumultuoso di fatti, avventure, divertimento.

Ma chi vuole leggere Il vortice dei ricordi probabilmente vuole anche sapere come fare a trovarlo. Diciamo subito che il lettore di questo romanzo deve probabilmente essere un lettore motivato. Affrontando un po’ meno di difficoltà di Roby e Zara nel romanzo, deve comunque cercarlo con determinazione. Dove? Il libro è innanzi tutto ordinabile direttamente sul sito dell’editore Alcheringa Edizioni a questo link. Qui trovate invece le informazioni, sempre sul sito dell’editore, per recuperarlo in altro modo. In sostanza, l’editore ha una collaborazione diretta con IBS.com, ma il libro è ordinabile anche altrove in qualsiasi libreria fisica o su internet. Per rendere le cose più semplici, diciamo che il libro si trova su IBS, su Feltrinelli, su Mondadori, su Libreria Universitaria e su Amazon, oltre che altrove, disponibile in genere in 1/2 giorni o poco più.