sabato 30 luglio 2016

Il cinema dell’eccesso vol. 2: cosa c’è dentro. Cap. 3 i Findlay

Proseguo nella presentazione del contenuto del mio ultimo libro, Il cinema dell’eccesso vol. 2 - Stati Uniti e Resto del mondo (Crac edizioni) arrivando al terzo capitolo, dedicato a una strana coppia dell’exploitation, formata dai coniugi Findlay, Michael e Roberta. Difficile trovare qualcosa di più strano. Negli anni in cui hanno formato un sodalizio, lui fungeva da regista e spesso da attore protagonista, mentre lei, ben più giovane, era la sua musa, interpretava spesso parti di contorno e talvolta co-firmava la regia. Siamo all’interno dell’exploitation più selvaggia, nell’ambito dei cosiddetti roughies, quel genere di film succeduti ai nudies puri e semplici, nel quale anche Doris Wishman, di cui ho parlato nel capitolo 2, si era cimentata. Come la Wishman, ma forse anche di più, Michael Findlay era un regista del tutto anomalo, particolare. Sicuramente non un regista per il quale era fondamentale girare in modo elegante, ma altrettanto sicuramente un regista capace di sorprendere per la bizzarria delle sue opere (in uno dei suoi primi film c’è persino Yoko Ono come attrice!). Talvolta grezzo, tirato via, ma spesso ricco di un fascino morboso, il suo cinema passa da nefandezze paradossali (come i suoi film “vendicativi” e misogini appartenenti alla cosiddetta Trilogia della carne) a curiosissime riflessioni erotico-bucolico-filosofiche come Mnasidika. La sua carriera, dalle prospettive diventate sempre più asfittiche col passare del tempo, ha seguito la consueta parabola dei registi di exploitation di quegli anni, caduta nel porno compresa, ma è stata segnata alla fine da un destino decisamente avverso: prima la strana vicenda del film Snuff (“read all about it”, come dicevano gli strilloni una volta, nel libro) e poi l’improvvisa morte in un incidente d’elicottero dai contorni incredibili.




Roberta, dalla quale Michael era già separato all’epoca della morte, ha proseguito la sua carriera da sola dimostrando un maggiore pragmatismo e probabilmente una minore originalità d’autrice. Insediatasi comodamente nella scena porno, come regista, ne ha fatto parte per parecchio tempo senza particolari problemi o ripensamenti, riposizionandosi poi nel cinema “normale” con diversi piccoli horror di qualità altalenante, ma senza che anche nei momenti buoni l’altalena si elevasse più di tanto. Poi, a un certo punto, si è fermata senza rimpianti: la scena in cui operava semplicemente non esisteva più e lei, resasene conto, si è fatta da parte. In sostanza, un’altra vicenda umana e autoriale da approfondire possibilmente attraverso la lettura del libro.


Qui sopra un'immagine da L'oracolo di Roberta Findlay.

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