sabato 23 ottobre 2010

Brandeis University 10 maggio 1963: Bob Dylan in concerto


Quando pensi che abbiano tirato fuori tutti i conigli dal cappello - almeno da un determinato cappello perché nel caso di Bob Dylan ce ne sono parecchi - qualcosa riesce ancora a sorprenderti, come il recupero imprevisto di un concerto, quasi integrale, risalente a oltre 47 anni fa e sinora mai distribuito neanche in bootleg.

Si tratta del concerto tenuto da Dylan alla Brandeis University il 10 maggio 1963 nell’ambito del Brandeis University Folk Festival di Waltham, Massachusetts. Dopo l’annuncio che sarebbe stato allegato come freebie al volume 9 della Bootleg Series (The Witmark Demos 1962-1964) e alla collezione di registrazioni mono dei primi album (da quello omonimo iniziale a John Wesley Harding), finalmente ho potuto entrarne in possesso e ascoltarlo.

Lo spirito è quello che abbiamo già avuto modo di sentire da altre registrazioni dell’epoca, ma è un’aggiunta importante al canone dylaniano, non foss’altro che per la buona qualità della registrazione e dell’interpretazione. La prima cosa che balza all’orecchio è l’attualità costante delle canzoni cosiddette di protesta che allora formavano la parte principale del repertorio dylaniano. Persino l’ironica Talkin’ John Birch Society Blues è ancora perfettamente valida, vista la persistenza delle organizzazioni filonaziste e la oggi anacronistica (ma ancora praticata) insistenza a dare incongruamente del comunista a destra e soprattutto a manca. Ballad of Hollis Brown, poi, in questi tempi di crisi economica è più attuale che mai, mentre Masters of War non è mai andata fuori modo, visto che di guerre pare non se ne possa proprio fare a meno.

La scaletta è interessante e comprende canzoni poco sentite dal vivo, come la struggente Bob Dylan’s Dream, la chilometrica Talkin’ World War III Blues che ironizza sulla paranoia americana o la comica Talking Bear Mountain Picnic Massacre Blues.

Bob Dylan è totalmente padrone delle sue canzoni e del pubblico in un momento di totale sinergia che resta ancorato a quel particolare periodo. Certo, per chi va ai suoi concerti di questi ultimi vent’anni risulta difficile credere che allora ci fosse un pubblico che andava a sentire musica e parole e applaudiva al termine delle singole esibizioni, invece che parlare e urlare per tutta la durata del concerto.

Il Brandeis freebie l’ho avuto prendendo The Witmark Demos, sui quali magari tornerò in futuro: materiale essenziale, ma già noto ai collezionisti. È bene comunque che sia stato pubblicato ufficialmente colmando una lacuna di conoscenza.

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