lunedì 3 maggio 2010

Far East Film, Shintoho e altro


Nell’ambito della consueta eccellenza nella scelta dei film, ogni tanto il Far East Film - appena conclusosi a Udine - riesce a piazzare delle rassegne assolutamente eccezionali. Qualche anno fa si era trattato della Nikkatsu, stavolta (sempre a cura di Mark Schilling) è stato il caso di un’altra casa di produzione giapponese, la Shintoho, che nella sua vita relativamente breve ha sfornato parecchi film interessanti. Il fatto che si trattasse di film spesso noir, horror o di exploitation naturalmente aiuta a renderli anche estremamente godibili e user-friendly, anche per la loro caratteristica brevità (un giorno mi lancerò in un peana a favore di film brevi: come detesto i filmoni da tre ore... li trovo quasi un affronto personale. 70 o 8o minuti, magari 90... quanto si può dire o mostrare con queste lunghezze? Praticamente tutto).

Uno dei maggiori registi della Shintoho - anzi, uno che è diventato regista con la Shintoho - è stato Teruo Ishii, grande maestro dell’exploitation (e non solo) giapponese. Di Teruo Ishii ho brevemente parlato in questo post, in occasione dell’uscita del mio articolo su di lui in Segnocinema. Quindi alcuni dei film presentati a Udine li avevo già visti, ma ce n’erano altri che mi mancavano e che erano di assoluta rarità. Tra questi, il coloratissimo e movimentato
Queen Bee and the College Boy Ryu, una bizzarra glorificazione della yakuza, con il saggio boss interpretato dal grande Kanjuro Arashi (se non li avete visti, guardatelo nei film della serie Abashiri Prison di Ishii, dove interpreta un vecchio e potentissimo assassino) e la coppia quasi fissa degli Ishii del periodo: la bravissima Yoko Mihara e lo spigliato Teruo Yoshida (un decennio dopo protagonista dell’assoluto capolavoro di Ishii, Horrors of Malformed Men). Flesh Pier è invece un noir in bianco e nero nel quale Ishii rimesta nel torbido e nel sordido con grande stile e abilità. Women of Whirlpool Island è un melodramma noir a tutto tondo ambientato nel sottobosco della malavita che testimonia ancora una volta la capacità di Ishii di rendere avvincente qualunque storia. Over the top il finale, con Yoko Mihara morente - donna costretta al malaffare dalle circostanze - che, sullo sfondo di un acceso tramonto, all’amore della sua vita (Teruo Yoshida) che gli dice di non avere più interesse nella vita se lei morirà, replica che invece lui dovrà sopravvivere perché altrimenti non resterebbe più nessuno a ricordarla. Roba da Sirk. Solo più deviata e malata.

Ma un altro grande regista della Shintoho è stato Nobuo Nakagawa, un regista che merita una riscoperta globale anche da noi. Tra gli altri, a Udine è stato mostrato uno dei suoi migliori horror,
Ghost Story of Yotsuya (qui sopra un'immagine dal film), storia spettrale tra samurai in disgrazia e novelli Jago cattivi consiglieri che dimostra come non sia il caso di compiere gesti irreparabili per una cosa volatile come l’amore. Mago del colore e abilissimo a creare atmosfere allucinate, Nakagawa è anche regista di un classico dell’horror giapponese (non mostrato a Udine in questa occasione): Jigoku, che consiglio senza riserve.

Tra gli altri film della Shintoho, una menzione è il caso di riservarla al curioso
Bloody Sword of the 99th Virgin, uno strano ma avvincente mélange di avventura, thriller, exploitation e horror: tra vergini da sacrificare, antiche religioni pagane e vecchie malefiche, il tempo passa in un lampo.

Infine, giusto una segnalazione per qualcuno degli horror contemporanei presentati al Far East: tra tutti, mi è piaciuto in particolare
Dream Home che recupera la vecchia e perduta cattiveria di certi horror di Hong Kong di qualche decennio fa. Diseguale ma interessante il film a episodi Phobia 2 e potenzialmente notevole - ma un po’ irrisolto - il coreano Possessed che avrebbe potuto essere un nuovo Rapture. Ne riparlerò prima o poi.

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