mercoledì 7 ottobre 2009

Il fuorigioco mi sta antipatico


Per la serie “non è che devo sempre parlare di cose mie”, mi viene da segnalare questo libro che meriterebbe un premio anche solo per aver avuto l’idea di farlo. Il fuorigioco mi sta antipatico (Stampa Alternativa, 384 pagine, € 16,50) raccoglie infatti praticamente tutto quello che Luciano Bianciardi ha scritto per il Guerin Sportivo e che altrimenti là sarebbe rimasto, effimero e disperso sulle pagine di un settimanale di quasi quarant’anni fa (che esce ancora, ma è molto diverso da allora e in ogni caso lì Bianciardi non c’è più).

Il grosso del volume è rappresentato dalla rubrica della posta che Bianciardi teneva su quel settimanale sportivo e la sua lettura è un vero spasso. Bianciardi, per chi non lo sa, è stato uno dei più significativi scrittori del suo tempo e il suo romanzo più famoso (La vita agra) è anche diventato un film di successo con Ugo Tognazzi per la regia di Carlo Lizzani.

Stampa Alternativa, che edita anche questo volume, sta procedendo speditamente a una serrata riscoperta delle sue opere meno note e, ancora più interessante, alla raccolta degli articoli sparsi sulle riviste. Tra cui appunto il Guerin Sportivo di quegli anni - si parla del 1970 e 1971 - una rivista dedicata allo sport diretta da Gianni Brera che, non sorprendentemente visto il direttore, era diversa da ogni altra rivista del genere, passata, presente e futura. Di questi tempi sembra impossibile pensare di trovare su un giornale sportivo - o anche di altro genere - una rubrica della posta come quella che teneva Bianciardi (o anche come quella che teneva Gianni Brera stesso, prima e dopo Bianciardi). Citazioni fuminanti, sprazzi di cultura mai pedante, umorismo brillante, improvvise profondità, momenti ironici e momenti personali, giudizi trancianti a tutto campo e battute a raffica: il tutto senza mai perdere di vista l’oggetto del discorso - lo sport generalmente, il calcio in particolare - e senza alcuna supponenza nei suoi confronti.

A parte questo, c’è anche - per chi in quegli anni c’era - il piacere di entrare in una sorta di capsula del tempo che rimanda a un’epoca così lontana da sembrare leggendaria (ma è esistita davvero ed era proprio così). Si ritrovano così personaggi indimenticabili sui quali Bianciardi si esprime con arguzia: Manlio Scopigno, il filosofo, allenatore capace di vincere uno scudetto a Cagliari (impresa cui è paragonabile negli anni seguenti solo quella di Bagnoli col Verona), Helenio Herrera (che Bianciardi non aveva in grande simpatia), Gigi Riva (il calciatore più simile a Superman che il calcio italiano abbia mai avuto), Nino Benvenuti (anche lui poco apprezzato da Bianciardi che lo definiva un ballerino e gli preferiva il più sanguigno Sandro Mazzinghi), Heriberto Herrera e tanti altri, oggetto di descrizioni vivide e di pareri schietti da parte di Bianciardi che allo stesso tempo trovava modo di parlare di Mao, di Moravia, di Cassola e di tante altre figure della politica e della cultura del tempo. Cristallizzati nel tempo, ma vividissimi nelle descrizioni che li riportano alla memoria di chi li ha visti e li materializzano in quella di chi li ha solo sentiti nominare. Consigliatissimo, anche a chi non leggerebbe mai un giornale sportivo.

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